Washington paralizzata: lo shutdown USA porta tagli, licenziamenti e paura sui mercati
Lo shutdown americano induce ad una pletora di luoghi comuni: i primi che sovvengono riguardano prima tuoni che, alla fine, portano al diluvio e poi che, in fondo, anche i ricchi piangono. Ammesso che la pioggia bagni davvero i ricchi o che, come sempre accade, inzuppi i soliti noti che, dell’opulenza, hanno solo il sentore patinato e fasullo di Beautiful.
Il governo federale americano, interessato dall’approvazione sia del budget di spesa discrezionale¹ sia del finanziamento delle Agenzie federali da parte del Congresso, dalla mezzanotte scorsa è in blocco amministrativo, dato che il Senato ha bocciato sia la proposta dem, sia quella repubblicana di un disegno di legge provvisorio, in gergo una risoluzione continua che sosteneva le spese per la Difesa e per un’applicazione più rigorosa della normativa anti immigrazione, che avrebbe assicurato copertura finanziaria fino al 21 novembre.
Lo stallo, che ha dimostrato l’incompatibilità per ogni aspetto che riguardi difficoltà bilancistiche ad ogni latitudine, si è verificato principalmente sulla spesa sanitaria dell’Affordable Care Act e del Medicaid; il governo ha attribuito la responsabilità ai dem, ed il presidente ha avvertito che potrebbe operare tagli irreversibili, negativi per i dem stessi, cassando programmi che piacciono loro. Trump ha anche tenuto a rammentare, con rimarchevole tempismo politico, che lo stop, causa della mancata estensione dei finanziamenti all’esecutivo, molto probabilmente determinerà un’ulteriore ondata di licenziamenti che colpiranno la forza lavoro federale.
I dem, in linea con la loro politica, contrari al disegno di legge repubblicano, chiedono il riconoscimento dei programmi di assistenza sanitaria, di previdenza sociale. Mentre i sindacati stanno già valutando azioni legali, convinti che l’Office of Management and Budget abbia interpretato erroneamente le norme che regolamentano la materia giuslavorista, non rientra tra le novità che quanto sta avvenendo possa essere considerato, per le Agenzie federali, come una chance per valutare ulteriori licenziamenti, vista anche la recente politica del DOGE.
Lo stesso Russell Vought, capo dell’OMB, non ha avuto particolare remore nell’invitare le Agenzie ad approfittare della situazione per considerare una sostanziale riduzione delle consistenze organiche, ovvero di quelli che, nelle prime righe, abbiamo lasciato zuppi e sotto la pioggia.
Nelle stesse ore, sempre in ambito federale, mentre il Dipartimento della Guerra prometteva di riparare al degrado di decenni, gli alti ufficiali convenuti a Washington incontravano le prime difficoltà per poter tornare alle sedi di servizio. Non è stato un buon viatico.
Tanto per rimanere blandamente sul tecnico, rimangono vividi i dubbi circa la comprensione e la sensibilità verso i fondamentali della politica economica, materia che dovrebbe studiare gli effetti dell’intervento del soggetto pubblico all’interno del sistema economico di riferimento, proprio per elaborare misure indirizzate ad indirizzare l’andamento delle variabili economiche, alla luce degli obiettivi stabiliti. Se è vero che la politica economica corregge (o per lo meno dovrebbe farlo) le situazioni critiche ed i fallimenti di mercato, qui di studio, alla fine, ce n’è stato pochino visto l’impatto sull’attuale situazione socio politica.
Di fatto Zio Sam si ferma per il primo shutdown dopo sette anni benché, va detto, la prassi del ricorso all’esercizio provvisorio non sia una novità²; si fermeranno dunque le attività federali non essenziali in attesa di una nuova autorizzazione di spesa. Il blocco di bilancio incide in un contesto di per sé teso per effetto della guerra commerciale e daziaria, e stravolto dalle guerre in corso.
Insomma, il rischio di un flop è più che incombente, con la chiusura delle casse dello Stato che andrebbe a colpire i programmi di assistenza alimentare, le scuole materne, i prestiti universitari.
La battuta d’arresto governativa segna un momento critico per l’amministrazione Trump, che ha privilegiato disciplina fiscale e tagli dei programmi federali, con aumento del tasso di disoccupazione, riduzione della crescita del PIL che Goldman Sachs stima in uno 0,2% per settimana, incremento del costo del denaro ed il paradosso dei lavoratori considerati essenziali, trattenuti in servizio e retribuiti se non a posteriori. Il che non sembra il massimo.
Dati i precedenti, non è esclusa un’ondata di incertezza anche su mercati finanziari già pesantemente scossi dall’ondivaga strategia presidenziale.
Ricapitolando. L’incubo della paralisi è stato evocato anche dal vice presidente Vance, prodigo di apprezzamenti negativi verso i dem, mentre l’Ufficio Bilancio presidenziale ha ammonito circa la possibilità di licenziamenti di massa.
I dem, hanno espresso sia preoccupazione per le difficoltà cui milioni di persone sono state condannate, sia per il timore di fungere da parafulmine per il momento in cui, tra non molto, di tali difficoltà si cercheranno i responsabili, magari proprio da parte del proprio stesso elettorato.
Se lo shutdown è stato visto come l’utile mezzo per colpire l’amministrazione Trump, le conseguenze potrebbero dunque ritorcersi contro un’opposizione considerata incapace di negoziare, visto che la base elettorale tradizionale rimane al centro, tradita e sempre sotto la pioggia, incolpevole agnello sacrificale di giochi troppo grandi per un dipendente pubblico.
Apparentemente la posta in gioco è la sanità, altrimenti per molti inaccessibile; si è di fronte ad una battaglia di principio pronta a trasformarsi in un autogol visto che i costi assicurativi (elevatissimi) ricadrebbero sullo Stato azzoppandone il bilancio.
Pur di portare avanti un confronto, si sacrifica economicamente il proprio elettorato più fedele dimostrando alla maggioranza dei liberal di come ci si possa liberare di una burocrazia troppo vasta e spesso poco gradita.
Attenzione però: oltre al dramma di milioni di neo disoccupati si aggiungerebbe anche lo shock economico che, nel 2019, produsse deficit per 11 miliardi, di cui 3 mai più recuperati.
Mentre il Bureau of Labor Statistics ha già annunciato che, sospendendo ogni attività, non potrà stilare situazioni cruciali come quella mensile afferente i nuovi posti di lavoro, le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione e l’Indice dei Prezzi al Consumo, la Fed, priva dei dati inflattivi dovrà assumere decisioni basandosi su informazioni incomplete ed incerte.
Per i dem, puntare su uno scontro di principio, porta ad una scommessa rischiosissima secondo una strategia che potrebbe mutarsi in un regalo inaspettato per il GOP e per chi sogna uno Stato sempre meno presente.
E gli altri? Sempre sotto la pioggia.
1 In via legislativa devono essere approvati 12 progetti di legge sugli stanziamenti adattati ad una specifica funzione esecutiva
2 Reagan, n. 8 shutdown durante i due mandati; 1995-1996, Clinton, 26 giorni; Obama, 2013, 16 giorni; Trump 1, 2018 – 2019, 35 giorni
L’articolo Washington paralizzata: lo shutdown USA porta tagli, licenziamenti e paura sui mercati proviene da Difesa Online.
Lo shutdown americano induce ad una pletora di luoghi comuni: i primi che sovvengono riguardano prima tuoni che, alla fine, portano al diluvio e poi che, in fondo, anche i ricchi piangono. Ammesso che la pioggia bagni davvero i ricchi…
L’articolo Washington paralizzata: lo shutdown USA porta tagli, licenziamenti e paura sui mercati proviene da Difesa Online.
Per approfondimenti consulta la fonte
Go to Source