Siria: le mani degli USA sul petrolio, le tribù arabe si ribellano ai curdo-americani
La società statunitense Delta Crescent Energy LLC ha raggiunto un accordo con le Forze Democratiche Siriane (SDF), milizie curdo-arabe sostenuta dagli Stati Uniti, nel nord-est della Siria per estrarre ed esportare petrolio greggio dai pozzi siriani presidiati dai militari statunitensi.
Un alto funzionario dell’Amministrazione Autonoma guidata dai curdi nel nord-est della Siria ha affermato che l’accordo è stato approvato dal governo degli Stati Uniti.
“Secondo l’accordo, una raffineria sarà costruita nel nord-est della Siria con un costo di 150 milioni di dollari”, ha detto il funzionario curdo a Voice of America a condizione di anonimato. “La compagnia valuterà tre località nel nord-est della Siria, tra cui Rumeilan, Tel Hamees e Tel Brak”, ha aggiunto il funzionario.
Delta Crescent Energy LLC non ha fornito commenti ma la piccola società, che secondo Politico è nata un anno e mezzo or sono in Delaware per iniziativa di un ex diplomatico e un ex ufficiale della Delta Force statunitensi e di un ex dirigente di una società petrolifera britannica con uffici e attività in Siria.
I dettagli sull’accordo sono stati resi noti dal segretario di Stato americano Mike Pompeo durante un’audizione al Congresso. Pompeo, che è stato interrogato al riguardo dal senatore degli Stati Uniti Lindsey Graham, ha detto che il governo degli Stati Uniti appoggia l’accordo, osservando che modernizzerà i giacimenti petroliferi nel nord-est della Siria.
“L’accordo ha richiesto un po’ più di tempo … di quanto avessimo sperato, e ora siamo in fase di implementazione”, ha detto Pompeo. Le Syrian Democratic Forces, uno dei principali partner statunitensi nella lotta contro lo Stato islamico, controlla gran parte della regione ricca di petrolio che appartiene però allo Stato siriano anche dal punto di vista del diritto internazionale.
Dal punto di vista giuridico lo sfruttamento di quelle risorse non può avvenire senza il via libera di Damasco. A seguito di un ritiro parziale delle truppe statunitensi dal nord-est della Siria, nell’ottobre 2019, il presidente Donald Trump aveva affermato di trattenere alcune forze nel Nord Est “per proteggere i pozzi petroliferi”, di fatto per impedire che potessero tornare sotto il controllo di Damasco che necessita di quelle risorse energetiche anche per finanziare la ricostruzione post bellica.
Paradossalmente, gli Stati Uniti che hanno imposto in questi anni sanzioni contro le società energetiche che operano sul territorio siriano, si appropriano illegalmente dei pozzi siriani in base ad un accordo con le autorità curde fornendo alla Delta Crescent Energy LLC un’esenzione dall’Office of Foreign Assets Control del Dipartimento del Tesoro.
Un’iniziativa che renderà ancora più difficile la presenza militare americana in quella regione siriana e aumenterà i rischi di frizioni tra le forze di Damasco e le SDF tenuto conto che da tempo cresce l’insofferenza delle tribù arabe dell’oriente siriano per l’occupazione curda e statunitense che, in seguito alle operazioni contro lo Stato Islamico, si è estesa ben oltre la regione curda del Rojava. Da settimane si segnalano scontri fra le forze delle FDS/americane e la popolazione del luogo.
La tribù araba degli Ukaidat ha fatto appello il 10 agosto alla “resistenza popolare” contro le Forze democratiche siriane e le forze statunitensi stanziate in Siria come hanno dichiarato gli stessi notabili della tribù a Deir ez-Zor.
Il giorno successivo i clan arabi residenti nella regione di al-Sabkha, a est di Raqqa, si sono uniti alla “resistenza” con una nota riportata dall’agenzia governativa di stampa siriana SANA. Nel comunicato le tribù ribadiscono la loro “solidarietà” alle tribù di Deir Ez Zor, che nei giorni scorsi hanno condannato la presenza curda e statunitensi nei territori siriani e hanno fatto appello alla “resistenza popolare” contro le forze straniere in Siria.
Il governo di Damasco ha denunciato l’accordo petrolifero curdo-americano definendolo privo di basi legali e descrivendolo come un furto del petrolio siriano.
“La Siria considera questo accordo nullo e non valido e non ha alcun effetto legale. E avverte ancora una volta che tali atti spregevoli esprimono l’approccio di quelle milizie che hanno accettato di essere un burattino a buon mercato nelle mani dell’occupazione statunitense “, ha reso noto un comunicato del ministero degli Esteri siriano.
Anche la Turchia, che considera i combattenti curdi siriani come terroristi, ha criticato l’accordo. “Siamo profondamente dispiaciuti per il sostegno degli Stati Uniti a questa iniziativa che ignora il diritto internazionale, violando l’integrità territoriale, l’unità e la sovranità della Siria, oltre a costituire uno strumento di finanziamento del terrorismo”, ha commentato una nota del ministero degli Esteri turco.
L’Iran, alleato di ferro di Damasco, ha descritto l’accordo come “una violazione della sovranità siriana”. “Questo è un altro passo da parte [degli Stati Uniti] per saccheggiare le risorse naturali della Siria”, ha detto in una dichiarazione il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Abbas Mousavi.
La maggior parte dei giacimenti petroliferi in Siria sono stati saccheggiati dall’Isis durante l’occupazione del Califfato e in seguito sono stati poco produttivi mentre prima del conflitto la Siria produceva circa 380.000 barili di petrolio greggio al giorno. Secondo fonti locali, nella regione controllata dalle SDF vengono prodotti circa 30.000 barili al giorno.
Foto VOA e US DoD