Impiegato negli anni successivi principalmente dalla Voenno-vozdušnye sily (VVS), l’aeronautica militare dell’Unione Sovietica, rimase operativo dalla metà degli anni trenta fino all’inizio della Seconda guerra mondiale costituendo in quel periodo il principale modello a disposizione dei reparti di caccia sovietici ed in grado di competere con le prime versioni dei tedeschi Messerschmitt Bf 109 in condizioni di quasi parità. Fuori dai confini nazionali ebbe risalto prima durante la guerra civile spagnola, dove venne erroneamente impiegato dalle Fuerzas Aéreas de la República Española in combattimenti manovrati con i più agili biplani italiani, i Fiat C.R.32 (che equipaggiavano l’Aviazione Legionaria), poi a disposizione dei piloti cinesi durante la Seconda guerra sino-giapponese.
Storia del progetto
Uno degli aerei russi più noti fu indubbiamente il “Rata”, che aveva dato un notevole contributo nella guerra di Spagna, e successivamente nel conflitto russo-finlandese e russo-tedesco. Il velivolo sovietico era, per l’epoca, un aereo interessante e costituiva una delle più avanzate realizzazioni in materia di velivoli militari. Il progettista dello I-16 fu Nikolaj Nikolaevič Polikarpov, che lo realizzò nel 1932. L’aereo compì il suo primo volo il 31 dicembre 1933, dimostrandosi nettamente più moderna rispetto alle macchine di punta di tutte le altre nazioni.
Questo velivolo da caccia introdusse innovazioni quali l’ala a sbalzo e il carrello retrattile, e al suo confronto i monoplani con ala controventata e carrello fisso, come ad esempio il velivolo statunitense Boeing P-26, che cominciavano il servizio operativo in qualche aviazione occidentale, apparivano decisamente arcaici, ancora più obsoleti apparivano nel confronto i biplani da caccia all’epoca ancora molto diffusi. Costante di diversi veicoli sovietici da questo momento in poi, vedeva li I-16 realizzato molto bene sotto l’aspetto aerodinamico ma carente sotto quello strutturale ed impiantistico. In ogni caso, gli I-16 si confrontarono in cielo con il nemico con grande accanimento sorprendendo gli avversari: erano molto veloci, rapidi in salita e in picchiata, con armi di alta cadenza di tiro, anche se con una pronunciata tendenza ad incepparsi.
L’evoluzione
Costruito in diverse serie, per un totale di circa 20.000 esemplari nell’arco di un decennio, l’I-16 venne realizzato in diverse versioni. Al prototipo equipaggiato con un motore radiale M-22 da 450 hp, il britannico Bristol Jupiter costruito su licenza in Unione Sovietica, armato con due mitragliatrici ShKAS calibro 7,62 mm, e capace di raggiungere i 360 km/h, seguirono ben presto le varianti I-16, I-16.4 (nota anche come Z.K.B. 12 bis) ed I-16.5.
La potenza installata salì dai 400 CV dello I-16.1 ai 725 dell’M-25 impiegato nelle versioni successive, ed anche se il peso del veicolo passò da 1 300 a 1 400 ed a 1 450 kg (anche a causa dell’introduzione della blindatura a protezione del pilota sullo I-16.5), le prestazioni denunciarono un sensibile incremento, con velocità massime che, per il I-16.4, variavano tra i 398 km/h a livello del mare ed i 455 a quota 3 000 m, grazie all’adozione di un motore sovralimentato, con salita a 5 000 m in 6 min.
Spagna
La prima versione dello I-16 impiegata in operazioni belliche fu la successiva 6. Il caccia sovietico fece infatti la sua prima comparsa operativa il 5 novembre 1936, in appoggio ad una controffensiva delle forze repubblicane nel settore Valdemoro, Seseña ed Esquivias. Alcune modifiche strutturali avevano portato il peso massimo di questa versione a 1 600 kg, e le caratteristiche di salita, nonostante l’impiego di un motore M-25 A da 730 CV, risultarono corrispondentemente meno brillanti. Anche il comportamento dell’aereo alle basse velocità divenne più difficile, dato il carico alare più elevato.
Su alcune cellule di I-16.6 fornite per ferrovia attraverso la Francia, dove erano state sbarcate a Le Havre e Bordeaux quando il blocco franchista aveva reso impossibile l’invio dei rifornimenti nei porti repubblicani, vennero impiegati dei motori Wright “Cyclone” F-54 da 775 hp di produzione statunitense, che fornivano potenze più elevate degli M-25 sovietici.
Il successivo I-16.10, pure esso impiegato in Spagna, fu dotato di uno M-25 B erogante 750 CV alla quota di 3 000 m, ed ebbe un castello motore modificato, nonché un armamento più potente, dato che alle due armi installate in fusoliera, con un munizionamento complessivo di 900 proiettili, si aggiunsero due ulteriori ShKAS in installazioni alari, con 750 proiettili ciascuna. La velocità massima, alla quota di 3 000 m, era di 464 km/h, e la salita a 5 000 m richiedeva 6 min e 30 s.
Unione Sovietica
Sulle versioni I-16 che seguirono vennero progressivamente installate unita motrici sempre più potenti e si adottarono armamenti più pesanti. Sullo I-16-P. o Z.K.B. 12 P (dove P sta per Pushka = cannone) tipo essenzialmente sperimentale, vennero installati in fusoliera due cannoncini automatici calibro 20 mm, mentre il successivo I.16.17, con un peso massimo di 1 790 kg, ebbe due mitragliatrici da 7,62 mm in fusoliera due cannoncini alari da 20 mm. Lo Z.B.K. 18 fu invece una macchina sperimentale studiata per l’attacco al suolo, e dotata sia di un’estesa blindatura ventrale a protezione del pilota e del motore, sia di quattro mitragliatrici PV-1 da 7,62 mm, installate nella fusoliera e sparanti obliquamente verso il basso, con cadenza di tiro di 750 colpi al minuto ciascuna. Due altre identiche armi in installazioni alari e due bombe da 50 kg completavano l’armamento del velivolo.
Oltre allo Z.B.K. 29, con ipersostentatori e carrello azionati idraulicamente, gli sviluppi dello I-16 compresero la versione 18, potenziata da un M-62 a nove cilindri e compressore a doppio stadio, capace di 1 000 CV. Il peso era ormai giunto a 1 800 kg, l’ala era completamente rivestita di lamiera, e la maggior parte installata aveva spesso imposto l’adozione di due serbatoi sganciabili da 100 litri l’uno. L’armamento composto da quattro mitragliatrici ShKAS da 7,62 mm, venne portato a due mitragliatrici e due cannoncini ShVAK da 20 mm, con 90 colpi per arma, sui successivi I-16.24 e 24B, che furono le versioni costruite nel maggior numero di esemplari, e che costituivano il grosso della caccia sovietica all’epoca dell’attacco nazista. Su queste versioni dello I-16, e sulle precedenti 10 e 18. il carrello poteva essere sostituito da sci retrattili per l’impiego su terreni innevati, anche se nella pratica gli sci erano generalmente bloccati nella posizione estratta.
Dall’I-16.24 venne derivato il tipo SPB, privo delle armi alari ed adattato alle esigenze del bombardamento a tuffo, raggiungendo un peso totale, carico offensivo e velocità massima di 1941 e 500 kg, e di 480 km/h. Mentre lo I-180, versione abbondantemente modificata, affinata e potenziata da una doppia stella M-88 da 1 100 CV, rimase allo stadio di prototipo (pur avendo raggiunto pare i 550 km/h), l’I-16-UTI, o UTI-4, ebbe invece larghissima diffusione.
Questa versione biposto, utilizzata sia per le scuole (UTI-4), sia per le missioni di collegamento, nelle prime serie ebbe il carrello bloccato nella posizione estratta e fu priva di armamento, mentre successivamente vennero mantenute sia le due mitragliatrici alari, sia la possibilità di retrarre il carrello.
Tecnica – Struttura
In termini di disegno, l’I-16 era stato progettato basandosi sul motore radiale di cui disponeva, ma soprattutto su un’ala a sbalzo, rivestimento lavorante monoguscio e carrello d’atterraggio retrattile. In seguito tutte queste caratteristiche sarebbero diventate di norma nella produzione, in maniera indipendente da quest’innovazione sovietica, ma nondimeno esso ebbe un’importanza grandissima nel modernizzare la V-VS. Il prototipo prese il volo nel tardo 1933, circa due anni prima del tedesco Messerschmitt Bf 109 e dell’inglese Hawker Hurricane. Nel corso degli anni, il disegno originario dell’I-16 venne progressivamente modificato per poter svolgere vari tipi di missione.
Nondimeno, i caccia in parola erano tutt’altro che privi di difetti: erano per esempio instabili sull’asse longitudinale, per via della coda troppo corta rispetto alla posizione del baricentro e delle ali, con conseguente limitato braccio di forza. La potenza dell’aereo in termini di volume di fuoco era limitata da una scarsa precisione e da proiettili relativamente leggeri, anche se con traiettoria tesa.
Alla fine il caccia era dotato di una efficacia di fuoco scarsa tranne che a breve raggio. Le armi di per sé erano affidabili, ma secondo i piloti giusto colpendo il pilota era possibile abbattere l’avversario. Secondo altri, al contrario, seppure comunque a breve distanza, era possibile “segare” letteralmente le strutture degli apparecchi nemici, specie se anziché le strutture metalliche dei velivoli tedeschi erano colpite quelle miste dei velivoli italiani.
Cellula
Il caccia sovietico aveva una struttura massiccia, estremamente corta e tozza, con una fusoliera monoscocca realizzata in legno, superfici di coda intelate di discrete dimensioni e la coda estremamente vicina alle ali e al baricentro dell’aereo, compattando il disegno complessivo. Questo fatto rendeva possibile contenere il peso della macchina, fattore importante soprattutto all’inizio della sua produzione, con il vecchio motore Cyclone da 480 hp, ma in seguito sarebbe stato evidente che questa progettazione era un po’ “estrema” per le qualità di volo complessive. Il caccia aveva una struttura alare totalmente a sbalzo, senza cioè nessun supporto esterno. Il bordo d’uscita si estendeva molto all’indietro, fin sotto l’abitacolo. L’abitacolo era piccolo con un minuscolo parabrezza con struttura ricurva. Dietro vi era una sorta di “gobba” che era abbinata al sedile del pilota stesso e si prolungava fino a congiungersi con la struttura della coda. Un minuscolo portello sulla sinistra era necessario per entrare e uscire dalla cabina.
Motori
Il motore aveva i cilindri con tubi di scappamento singoli, estremamente corti e rivolti verso l’indietro giusto perché vi erano delle apposite carenature nella capote del motore. L’elica era bipala e aveva una carenatura semisferica. Il motore era un robusto radiale prodotto su licenza in base ad un progetto americano (modello Cyclone), che consentiva una potenza e affidabilità adeguate. Esso venne direttamente importato per i primi aerei, poi venne prodotto su licenza e infine sostituito da motori migliorati. Il Primo prototipo con motore radiale M22 da 480 CV sovietico venne ben presto sostituito dai Cyclone che partendo da 700 CV raggiunsero i 750 poi successivamente i 920 CV per poi arrivare nelle ultime versioni ai 1000 – 1100 CV.
Sistemi ed impianti
Il carrello era triciclo posteriore, con 2 gambe anteriori retrattili carenate nell’ala e “ruotino” di coda, in effetti un semplice slittino di metallo, persino più semplice del solito. Una delle limitazioni degli I-16 fu la mancanza, in generale, della radio.
Superfici alari
L’ala era in effetti molto tozza, con ridotta apertura alare (specialmente rispetto a macchine come il Dewoitine D.500). Il tipo di struttura era metallico, con rivestimento metallico tranne che nella parte posteriore dell’ala, dietro il longherone centrale, dove era intelato. Gli alettoni erano nella parte centrale dell’ala, occupandone quasi tutto il bordo d’uscita.
Sistemi d’arma
Sul davanti vi era l’armamento, anche questo innovativo, perché si trattava di mitragliatrici Skhas, con una cadenza di tiro di almeno 1600 colpi al minuto, praticamente doppia rispetto alla maggioranza delle armi dell’epoca, che davano una potenza di fuoco inusuale per un aereo così piccolo. Le munizioni, come anche il serbatoio dell’olio, erano tra l’abitacolo e il motore. Successivamente venne prodotta, con la cooperazione dell’ingegnere di armamenti B.G. Shpitalnii, il modello TsKB-12P, il primo aereo al mondo ad essere armato con due cannoni sparanti attraverso il disco dell’elica. Una serie di armi vennero sperimentate operativamente su questi caccia, come i cannoni e le mitragliatrici pesanti , tutti di ottimo livello rispetto anche alle migliori realizzazioni mondiali dell’epoca. I razzi RS vennero sperimentati a bordo degli I-16, con 6 rampe per ordigni RS-75 da 75 mm ben presto sostituiti da armi da 82 mm, le RS-82. Essi erano intesi come radicale soluzione in termini di capacità di intercettazione dei bombardieri. Pesando 24 kg, avevano una potenza elevata, ma ovviamente rallentavano un apparecchio da caccia che doveva già faticare per inseguire i bombardieri. I razzi andavano molto bene anche per gli attacchi al suolo, ma bisognava lanciarli in picchiata e prendere bene la mira. Quando colpivano erano micidiali, ma il più delle volte servivano per spaventare le formazioni nemiche e disperderle.
Impiego operativo
I primi esemplari dell’I-16, dopo che le prove di volo avevano confermato la superiorità del caccia progettato da Polikarpov rispetto al monoplano I-14 progettato da Pavel O. Sukhoi (appartenente all’ufficio tecnico diretto da Andrei N. Tupolev) vennero forniti all’aviazione sovietica nell’autunno 1934, ed il nuovo caccia debuttò (passando del tutto inosservato agli osservatori occidentali) durante la manifestazione del 1º maggio 1935, quando le formazioni di I-16 sorvolarono la Piazza Rossa.
L’I-16 era un aereo dal pilotaggio molto impegnativo. La sezione frontale della fusoliera, con il motore, era troppo vicina al centro di gravità, mentre l’abitacolo del pilota si trovava spostato troppo indietro. La stabilità longitudinale era scarsa ed era impossibile pilotarlo senza tenere le mani sempre sui comandi. Decollo ed atterraggio erano difficili anche a causa del carrello poco elastico che tendeva a far rimbalzare l’aereo su piste dal fondo irregolare. E il pilota doveva girare una manovella 44 volte prima che la retrazione del carrello fosse completa. Eppure, nelle mani di un pilota esperto, l’I-16 era un aereo molto manovrabile e un avversario da rispettare. Nessuno, al di fuori dell’Unione Sovietica, era a conoscenza di questo caccia quando 475 esemplari furono inviati via mare alle forze repubblicane in Spagna. Qui la sua affidabilità, la cadenza di tiro di 1 800 colpi al minuto e la sua grande maneggevolezza sorpresero gli avversari.
L’introduzione in servizio dell’I-16 incontrò peraltro varie difficoltà, a causa delle alte velocità di decollo e di atterraggio, e di una stabilità decisamente scarsa, sacrificata ad un’elevata manovrabilità. In sostanza l’I-16, come primo esponente di una nuova formula di aereo da caccia, non poteva certamente essere perfetto, e le sue caratteristiche erano troppo diverse dai velivoli contemporanei, al punto che l’entusiasmo iniziale con cui i piloti russi avevano accolto l’aereo si trasformò presto in una comprensibile diffidenza. Il comando dell’aviazione sovietica, organizzando una serie di dimostrazioni in volo ad opera di abilissimi piloti, facendo allungare le piste degli aeroporti, e dedicando una particolare cura alle scuole di pilotaggio, riuscì ad evitare che si diffondesse la psicosi dell’aereo “difficile”, anche se l’I-16 non fu mai “facile”.
Una nuova versione
La nuova versione apparsa in seguito era la Tipo 10, migliorata con la presenza di una corazzatura di protezione del pilota di circa 9 mm e capacità di resistere, stando alle testimonianze dei piloti, ai fucili anche a pochi metri. Questo aumentava molto la sicurezza del pilota a scapito di un modesto aumento di peso di circa 20 kg. Anche le mitragliatrici da 12, 7 mm erano, tranne che a breve distanza e con proiettili perforanti, agevolmente neutralizzate. L’instabilità longitudinale del velivolo era però tale da ridurre l’efficacia di questo miglioramento e gli I-16 vennero abbattuti in molte occasioni, anche a causa di tattiche inadatte alle caratteristiche del velivolo. Le maggiori velocità e potenza di fuoco avrebbero potuto assicurare ai Polikarpov una netta superiorità sui Fiat C.R.32, ma spesso i piloti spagnoli e anche russi, anziché attaccare usando al meglio le prestazioni dei velivoli, si impegnavano in combattimenti aerei manovrati, nei quali il loro maggiore carico alare, 110 kg per m² anziché 80 a pieno carico, li rendevano vulnerabili.
Nella Guerra di Spagna
Nelle operazioni di Spagna, furono impiegati quasi 500 I-16, di cui oltre 40 furono abbattuti in combattimento o distrutti al suolo. Il piccolo monoplano russo non era inferiore ai caccia nemici. L’I-16, anche costruito su licenza ad Alicante in una ventina di esemplari, surclassò anzi ampiamente il tedesco Heinkel He 51, e dovette cedere nel confronto con l’italiano Fiat C.R.32. Contro i Bf 109 il problema era la minore velocità, non certo la minore manovrabilità, ma i tedeschi utilizzavano i loro caccia con attacchi in picchiata da quote superiori. I caccia sovietici si trovavano a controbattere manovrando stretti oppure addirittura salendo in verticale e sparando addosso ai caccia che scendevano picchiata; in ogni caso però bisognava vedere per primi gli avversari. I Bf 109, pochi com’erano, forse abbatterono meno I-16 dei C.R.32, ma erano i più temuti e costituivano la migliore macchina dei nazionalisti. Per affrontarli, impedendo loro di attaccare da alte quote, furono comprati 24 motori americani con turbocompressore e montati su I-16 che arrivarono a operare anche a 8 000 m. Essi erano conosciuti come Naz Fria, “naso freddo”. Il normale nome era invece, Moscas o Rata (“topo”, perché apparivano in cielo a branchi come i topi di fogna). Il secondo nome fu attribuito dai nazionalisti. Le qualità dell’I-16 sono provate dal fatto che, al termine delle ostilità, i “Rata” superstiti furono presi in forza dall’aeronautica franchista, che li radiò solo nel 1952. Il Polikarpov I-16 combatté fino alla fine delle ostilità , e molti esemplari superstiti ai 3 anni del conflitto furono riutilizzati nel dopoguerra, operando assieme ai Bf 109 e C.R.32 ex rivali.
In Cina e in Mongolia
Il monoposto sovietico fu fornito in circa 200 esemplari (compresi diversi biposto di addestramento) alla Cina nazionalista, che lo impiegò contro i nipponici. Nel periodo 1938-39, l’I-16 combatté contro i giapponesi in Mongolia, sperimentando nell’agosto 1939 il rivoluzionario armamento composto da 8 razzi RS 82 da 82 millimetri, e dimostrandosi all’altezza della caccia imperiale.
Anche in questo caso i caccia sovietici furono sconfitti, ma si batterono con grande valore contro i Nakajima Ki-27 e Mitsubishi A5M giapponesi, dotati di pari velocità ma più manovrieri; nei fatti all’epoca si trattava dei migliori caccia del mondo. Il colpo di grazia fu dato dagli A6M Zero, nettamente superiori. Eppure i caccia I-16 erano stati, in Spagna, capaci di abbattere anche i Bf 109E “Emil” con motore e armi potenziate.
In Finlandia nella Guerra d’Inverno
Tra il 1939 e il 1940, durante la Guerra d’inverno in cui si fronteggiarono Finlandia ed Unione Sovietica, l’I-16 (soprannominato “Isak”, asinello, dai piloti sovietici) si dimostrò un rivale pericoloso, anche per gli abilissimi piloti finlandesi con i loro caccia Fokker D.XXI, Morane-Saulnier MS.406 e Gloster Gladiator, conseguendo alcuni successi ma non ottenendo mai un dominio completo, nonostante la superiorità aerea. Gli I-16 furono spesso sconfitti dai caccia coevi, anche non necessariamente più moderni, ma alla fine furono gli Zero e i Bf 109F ad annientarli. Ancora nel 1941 gli I-16 erano numerosi in servizio, ma i loro reparti furono devastati a terra e poi in aria, iniziando dal tremendo attacco del 22 giugno 1941 dell’Operazione Barbarossa . Nonostante la loro maneggevolezza e molte doti positive, per quel tempo gli I-16 erano definitivamente superati, ma il loro concetto, motore più potente e abitacolo chiuso, fu ripreso da un altro ottimo apparecchio, il La-5FN/La-7.
Operazione Barbarossa
Quando la Germania attaccò l’Unione Sovietica nell’estate del 1941 aprendo il fronte orientale, l’I-16 risultava ormai superato e, pur essendo ancora in linea in un gran numero di esemplari, era sottopotenziato e lento nei confronti dei Bf 109E ed F avversari. Sfruttando però la sua grande robustezza e rusticità, nonché le tecniche d’attacco quasi suicide (la collisione in volo ed i tentativi di segarne le ali e gli impennaggi con le eliche blindate in acciaio), il caccia sovietico continuò ad opporsi tenacemente alla Lutwaffe, mentre l’industria sovietica iniziava la produzione in grande di caccia più moderni, contribuendo alla controffensiva dell’Armata Rossa. L’I-16 fu infatti ritirato dei reparti di prima linea solo nell’estate del 1943, dopo che la battaglia di Stalingrado aveva capovolto le sorti del conflitto orientale, continuando a trovare largo impiego nelle scuole di volo, dove le sue caratteristiche “difficili” si rivelarono perfettamente adatte a preparare i piloti destinati ai MiG, ai Lavochkin Gorbunov Gudkov LaGG-1, agli LA e agli Yakovlev Yak-1, nessuno dei quali fu un aereo “facile”.
Come bombardiere a tuffo
Anche l’SPB, la sua variante da bombardamento a tuffo, venne impiegato con discreto successo nel settore del Mar nero dall’aviazione navale sovietica: manca però qualsiasi conferma da parte tedesca sull’impiego degli SPB; venivano trasportati fino in vicinanza dell’obbiettivo da un aereo madre (un vecchio quadrimotore Tupolev TB-3), che secondo i russi sarebbe invece stato utilizzato con risultati brillanti.
Questa tecnica si riallacciava ad esperimenti iniziati nel 1932 sotto la denominazione di “Progetto Zveno” (alla lettera “grappolo”), eseguiti impiegando un bombardiere TB-3 per trasportare due biplani Polikarpov I-15 agganciati sotto le semiali, e tre I-16 appesi uno tra le gambe del carrello e due sotto le semiali esterne. Nella tecnica utilizzata durante la seconda guerra mondiale, ogni TB-3 avrebbe trasportato due tuffatori SPB appesi sotto le ali, consentendo l’esecuzione di attacchi in picchiata a distanza dell’ordine di 1 200 km dalle basi di partenza.
Una lunghissima carriera
In termini di capacità e di efficacia, l’I-16 era una macchina instabile al punto di diventare pericolosa, tanto che il pilota era sensibilmente affaticato dalla sua guida. In compenso, la rapidità di virata era eccellente e superiore a quella di qualunque altro caccia dell’epoca, mentre anche il rollio, data l’ala di ridotta apertura, era ottimo. In totale, vennero costruiti 6.555 esemplari, prima che la produzione cessasse nel 1940. Un certo numero di I-16 esiste ancora, e qualcuno anche in condizioni di volo. Uno di questi venne provato in volo da Mark Hanna, un noto collaudatore di aerei storici morto in un incidente qualche anno fa. Nelle sue memorie in merito ha affermato che l’I-16, provato con un motore da 1 000 hp, quindi delle ultime serie, si era comportato in maniera eccezionale. Aveva provato di recente l’Hawker Hurricane, che nella storia si è ritagliato una notevole posizione come “secondo solo allo Supermarine Spitfire”. Comparato all’I-16 e alla sua agilità di manovra, l’Hurricane, con prestazioni simili e armamento non drasticamente superiore, appariva molto lento e pesante ai comandi, con una modesta velocità di rollio e in generale un comportamento inferiore in volo.
Versioni:
- TsKB-12 Primo prototipo con motore radiale M22 da 480 CV
- TsKB-12bis Secondo prototipo con motore Wright SR-1820-F3 importati
- I-16 Tipo 1 Test di produzione con motore M22
- I-16 Tipo 4 Dotato di Motore Cyclone importati
- I-16 Tipo 5 Dotato di Motore Cyclone M-25 costruiti su licenza da 700 CV e migliore armatura
- I-16 Tipo 6 Dotato di Motore Cyclone M-25V da 750 CV
- I-16 Tipo 10 Dotato di Motore Cyclone M-25V da 750 CV e 4 mitragliatrici da 7,62mm
- I-16 Tipo 17 Armato con 6 razzi da 82mm – 2 cannoncini da 20mm e struttura rinforzata
- I-16 Tipo 18 Dotato di Motore Cyclone M-62V da 920 CV e 4 mitragliatrici da 7,62mm
- I-16 Tipo 24 Dotato di Motore Cyclone M-62V/M-63V da 1000 CV e 1100 CV ali rinforzate e 4 mitragliatrici da 7,62mm
- I-16 Tipo 28 Dotato di Motore Cyclone M-63V
- I-16 Tipo 30 Dotato di Motore Cyclone M-63V
- I-16 SPB Versione bombandiere a tuffo
- I-16 UTI-4 Aereo con doppi comandi.
Note sulle Versioni
Il caccia I-16 era una macchina pressoché sconosciuta che venne prodotta in quantità notevoli già prima della guerra civile spagnola. A quel punto, alla fine del 1936, ottenne una improvvisa notorietà. Pare che ne vennero consegnati almeno 280 esemplari, oltre ad alcuni prodotti su licenza in Spagna. In tutto, a seconda delle fonti, si arriva a cifre che oscillano tra i 350 e i 475 esemplari.
I primi caccia erano chiamati Tipo 1, con un peso a vuoto di circa 1000 kg e motore da 480 cavalli appena, ma sufficiente per raggiungere comunque i 375 km/h, praticamente uguale a quella del caccia Gloster Gauntlet (motore radiale da 645 hp) e Fiat C.R.32 (motore a cilindri in linea da 600 hp). Ben presto apparvero i caccia Tipo 4 e 6, con motore da 700 hp radiale e velocità aumentata a 450 km/h.
Il Tipo 17, sottoposto a test nel 1938, venne prodotto in grandi quantità. Era equipaggiato con due cannoni alari di elevata potenza ShVAK, ma ancora con il motore di prima generazione M25 da 750 hp. Alcuni avevano quattro mitragliatrici da 7,62 mm e una da 12,7 mm, tutte nel muso o nelle ali. I velivoli vennero dotati di bombe fino a due da 100 kg.
Il Tipo 18 introdusse un motore M-62 da 1000 hp, che portò le prestazioni a livelli maggiori, con un massimo variamente indicato di 480–520 km/h. Quando venivano usati i pattini per operare d’inverno le prestazioni si riducevano, ma la modifica permetteva di continuare ad operare anche nei campi d’aviazione sovietici.
La versione TsKB-18 era una variante armata con quattro mitragliatrici sincronizzate, due mitragliatrici alari e 100 kg di bombe. Il pilota era protetto da corazzature davanti, sotto e dietro.
L’ultima versione dell’I-16 fu il Tipo-24, equipaggiato con un motore da 1000 hp (746 kW) M-62R che gli permetteva di raggiungere una velocità massima di 523 km/h.
Il modello 24 aveva addirittura la capacità di trasportare 500 kg di bombe. Questo modello ebbe uso anche in maniera assai inusuale: portato in volo da bombardieri Tupolev TB-3, i Tipo 24 avevano il compito di staccarsi dal bombardiere ed essere usati come “missili da crociera”. Con 2 bombe da 250 kg l’uno venivano lanciati verso obiettivi troppo lontani per essere raggiunti da terra con tali macchine, e troppo ben difesi per essere attaccati da un bombardiere pesante. La prima missione ebbe luogo nel settembre 1941, ottenendo successo contro un ponte, con i caccia che riuscirono a disimpegnarsi e tornare alla base.
Uno su quattro circa erano biposto disarmati UTI-4, che vennero prodotti in tale quantità per via delle difficoltà che tale apparecchio dava ai piloti, spesso abituati a biplani che volavano a meno di 200 km/h, nella transizione su macchine “ad alte prestazioni” per l’epoca e con un comportamento molto meno permissivo nei confronti di piloti troppo confidenti.
Utilizzatori:
- Repubblica di Cina – Chung-Hua Min-Kuo K’ung-Chün
- Finlandia – Suomen ilmavoimat – operò con un esemplare catturato.
- Germania – Luftwaffe – operò con esemplari catturati.
- Mongolia – Aeronautica militare de la Mongolia
- Polonia – Siły Powietrzne
- Spagna – Fuerzas Aéreas de la República Española
- Spagna – Aviación Nacional – operò con esemplari catturati ai repubblicani.
- Spagna – Ejército del Aire
- Unione Sovietica – Aviacija Voenno-Morskogo Flota – Voenno-vozdušnye sily.
Specifiche (I-16 Tipo 24)
Caratteristiche generali:
- Equipaggio: 1
- Lunghezza: 6,13 m (20 ft 1 in)
- Apertura alare: 9 m (29 ft 6 in)
- Altezza: 3,25 m (10 ft 8 in)
- Superficie alare: 14,5 m2 (156 piedi quadrati)
- Profilo alare : TsAGI R-II (16% alla radice)
- Peso a vuoto: 1.490 kg (3.285 lb)
- Peso lordo: 1.941 kg (4.279 lb)
- Motopropulsore: 1 × Shvetsov M-63 motore radiale a 9 cilindri sovralimentato raffreddato ad aria, 820 kW (1.100 CV)
- Eliche: elica a 2 pale a passo variabile.
Prestazioni:
- Velocità massima: 525 km / h (326 mph, 283 kn) a 3.000 m (9.800 ft)
- Portata: 700 km (430 mi, 380 nmi) con serbatoi sganciabili
- Servizio soffitto: 9.700 m (31.800 ft)
- Velocità di salita: 14,7 m / s (2.890 ft / min)
- Tempo per raggiungere l’altitudine: 5.000 m (16.000 piedi) in 5 minuti e 48 secondi
- Carico alare: 134 kg / m2 (27 lb / sq ft)
- Potenza / massa : 0,35 kW / kg (0,21 hp / lb).
Armamento:
- 2 × mitragliatrici ShKAS da 7,62 mm (0,300 in) fisse a fuoco in avanti nella carenatura superiore
- 2 × cannoni ShVAK da 20 mm (0,787 in) fissi a fuoco in avanti nelle ali
- 6 × razzi RS-82 non guidati o fino a 500 kg (1.100 libbre) di bombe.
(Web, Google, Wikipedia, You Tube)