Mar Cinese meridionale: Filippine e Indonesia al fianco degli USA contro Pechino
Asianews – Filippine e Indonesia sono gli unici due Paesi Asean (Associazione dei Paesi del sud-est Asiatico) a esprimere aperto sostegno alla forte presa di posizione degli Stati Uniti contro le rivendicazioni territoriali della Cina nel Mar Cinese meridionale.
In un duro discorso, il segretario di Stato Usa Mike Pompeo ha affermato il 14 luglio che le pretese cinesi su questo vasto specchio d’acqua sono “del tutto illegali”. Pur criticando le azioni di Pechino nella regione, Washington non aveva mai assunto una posizione così netta, limitandosi a domandare libertà di navigazione e sorvolo nell’area.
“La Repubblica popolare cinese non ha motivi legali per imporre la propria volontà sulla regione e rivendicare risorse al largo delle coste degli Stati del sud-est asiatico”, dice Pompeo su Twitter rilanciando la dichiarazione.
Tre le principali denunce specifiche. Primo, la Cina non può far valere legalmente un reclamo marittimo sulla Zona Economica Esclusiva (ZEE) attorno alle isole Scarborough e Spratly; contenzioso aperto con le Filippine, a cui un tribunale internazionale ha già dato ragione.
Secondo, respinte dunque le rivendicazioni cinesi sul divieto di navigazione all’interno delle 12 miglia nautiche dalle coste delle Spratly e da lì Washington considererà illegittima “qualsiasi pretesa marittima della PRC (Public Republic of China, ndr) nelle acque circostanti la Vanguard Bank (al largo del Vietnam), Luconia Shoals (al largo della Malesia), e nella ZEE del Brunei e Natuna Besar (al largo dell’Indonesia)”.
Terzo, considerata vana ogni richiesta riguardo a James Shoal, un gruppo di isolotti quasi completamente sommersi che si trovano a 50 miglia nautiche dalle coste malesi e a 1000 da quelle cinesi.
La posizione di Washington si fonda sulla sentenza della Corte internazionale di arbitrato dell’Aia, che nel 2016 ha definito “senza basi” le rivendicazioni cinesi su quasi il 90% del Mar Cinese meridionale.
Pompeo ha precisato che gli Stati Uniti si impegneranno a proteggere il diritto sovrano delle nazioni del sud-est asiatico a sfruttare le proprie risorse marittime.
Per diversi osservatori, la dichiarazione Usa rafforza l’opposizione di Vietnam, Filippine, Malaysia, Taiwan, Brunei e Indonesia alle pretese di Pechino sulla strategica via d’acqua. Il gigante asiatico ha occupato e militarizzato numerosi atolli corallini e banchi sabbiosi nella regione. Navi della Marina e della Guardia costiera cinesi, insieme alle imbarcazioni della Milizie Marittima (vedi in proposito articolo di Marco Leofrigio) , operano di frequente nelle acque rivendicate dagli altri Stati.
Le Filippine, per bocca del ministro della Difesa, Delfin Lorenzana, hanno accolto con favore le parole di Pompeo. Secondo Manila, esse riflettono le aspettative della comunità delle nazioni, che chiede il rispetto delle leggi internazionali nelle dispute sul Mar cinese meridionale. Lorenzana ha invitato inoltre Pechino a riconoscere la sentenza della Corte dell’Aia.
In forma più cauta, l’Indonesia ha espresso lo stesso concetto. Il ministero degli Esteri di Jakarta ha affermato oggi che il “sostegno di qualsiasi Paese ai nostri diritti nel Mare di Natuna è un fatto normale”.
I leader indonesiani ripetono che il loro Paese non è parte in causa nelle contese sul Mar Cinese meridionale. I cinesi sostengono però di avere diritti storici sulle pescose acque intorno alle isole Natuna, un’area che in base alla Convenzione Onu sul diritto del mare rientra nella zona economica esclusiva di Jakarta.
Le nazioni Asean tendono a non prendere posizione nel confronto geopolitico in atto tra Washington e Pechino. Esse hanno bisogno della Cina per la loro crescita economica – colpita in modo pesante dalla pandemia di Covid-19 – e allo stesso tempo degli Stati Uniti per contenere le pretese egemoniche dei cinesi.
Di recente, le due superpotenze hanno mostrato i muscoli nel Mar Cinese meridionale. Ai primi di luglio, la Cina ha condotto una grande esercitazione anfibia nelle acque attorno alle isole Paracel. In risposta, Washington ha inviato nella regione due portaerei con i rispettivi gruppi di combattimento.